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Sud e arte contemporanea. L’esperienza del critico e curatore calabrese Roberto Sottile


di seguito la mia ultima intervista realizzata per il sito famedisud.it

in allegato anche in link. Buona lettura.

Roberto Sottile, classe 1982, critico d’arte e curatore di origine cosentina, è una delle giovani leve del mondo della critica d’arte nel Sud Italia. Formatosi presso l’Università della Calabria, ha al suo attivo la curatela di diverse mostre d’arte nell’ambito di collaborazioni con musei, istituzioni culturali, gallerie, fra cui il Museo del Presente e il MAON Museo dell’Arte dell’Otto e Novecento, entrambe attivissime realtà museali della città di Rende (Cosenza). Particolarmente attento, nei suoi percorsi critici, alla scoperta di nuovi talenti, di cui promuove e sostiene l’opera, Sottile è ora alle prese con la stesura del suo primo libro, che promette di offrire – attraverso un viaggio lungo undici anni di esperienze personali sul campo – uno spaccato della poco nota realtà dell’arte contemporanea nel meridione, come egli stesso racconta rispondendo ad alcune domande.

Roberto Sottile, come vede dal suo particolare osservatorio il mondo dell’arte contemporanea in Calabria, regione in cui lei principalmente opera, e più in generale nel Sud Italia? Rileva tendenze dominanti nelle proposte degli artisti o si è di fronte a un panorama multiforme? E in entrambi i casi, quali sono le prospettive di sviluppo?

I linguaggi artistici presenti in Calabria e più in generale nel Sud Italia sono sicuramente il risultato di esperienze uniche che risentono molto del clima sociale, perché ogni artista vive il territorio; ciò nonostante sono linguaggi capaci di essere inseriti in una più vasta visione d’insieme dove non esiste più nord e sud ma percorsi unici capaci di fondersi e di generare nuovi incontri artistici. La Calabria è stata capace in questi anni di ritagliarsi uno spazio importante, con istituzioni pubbliche ma anche private che hanno puntato molto sull’arte contemporanea e sulla cultura intesa non solo come tempo libero ma come tempo di crescita, di sviluppo e di incontro. Le prospettive sono positive perché il sud artistico oggi non è periferico ma connesso con realtà importanti grazie anche ad artisti e operatori culturali che decidono di restare e di scommettere che il nostro Sud, la nostra terra, possa vivere di arte e cultura.

Che spazio riescono a ritagliarsi nel mercato dell’arte contemporanea i giovani artisti calabresi?

A questa domanda non posso dare una risposta circostanziata perché nel corso della mia carriera mi sono occupato pochissimo di mercato e delle sue regole che ancora oggi in alcuni casi mi sfuggono. Vedo però una generazione di artisti calabresi che si fanno largo e sono riusciti, in Calabria ma anche fuori, ad ottenere importanti riconoscimenti dal mercato e non solo. Il mercato dell’arte è ormai diventato un mercato globale dove la riconducibilità geografica diventa in alcuni casi inesistente perché gli artisti si contaminano, si formano attraverso esperienze di studi in più luoghi perché il linguaggio artistico non ha confini e barriere ma è realmente linguaggio universale.

Nelle ultime amministrative della sua città lei si è candidato nella coalizione risultata vincente. Quanto peso ritiene che debba avere la cultura nella gestione della cosa pubblica, locale o nazionale che sia…

E’ stata una bella ed avvincente esperienza che per la prima volta ho voluto fare accanto e per il Sindaco Marcello Manna. Non mi ero mai candidato prima e devo dire che sono stati dei mesi molto intensi durante i quali ho potuto incontrare molti cittadini e vivere per la prima volta una campagna elettorale da una prospettiva diversa. Le amministrazioni pubbliche locali, come il caso dei comuni ma anche delle regioni, hanno una grande possibilità attraverso la cultura, cioè dare la possibilità alla comunità di crescere e di emanciparsi ancora di più, di offrire delle possibilità alle nuove generazioni che credono fortemente nella cultura e nell’arte come motore di crescita e di sviluppo di un territorio. Abbiamo casi ed esempi eccellenti nel nostro sud, come ad esempio Matera 2019 che è la testimonianza più recente di un sud capace di generare virtuosi meccanismi di crescita culturale.

La sua estate 2019 sarà una lunga estate di lavoro dedicata alla scrittura del suo primo libro. Ce ne parli…

Scrivere per me non significa lavoro inteso come fatica, quindi sarà una bella estate dedicata alla scrittura del mio primo libro che sarà un racconto fuori dagli schemi, una sorta di viaggio, di diario del critico d’arte e curatore. Una sorta di Grand Tour non solo dei luoghi ma degli artisti con cui ho collaborato e realizzato, nel corso di undici anni di attività, dei progetti artistici. Un testo di “appunti ragionati” che raccontano non solo l’opera d’arte ma il rapporto tra critico e artista. Gli incontri, le intese, gli scontri. E soprattutto i silenzi che sono la cosa fondamentale.

A quali silenzi si riferisce?

Ai tanti silenzi necessari affinché un progetto cresca, si irrobustisca al punto tale di iniziare a camminare da solo. Nel libro scriverò anche di quelle idee che non hanno trovato questa forza. Ma sono idee che ancora esistono, sopite, pronte a ritornare in superficie. E poi ancora i silenzi degli addii, dei finissage, dove si “smonta la baracca” e si ritorna più stanchi ma più felici.

Sembra di capire che nel libro lei si racconterà molto in prima persona. Pensa che ne possa venir fuori un suo ritratto inedito?

Per chi non mi conosce sicuramente si. Per tutte quelle persone che magari ho incontrato in modo distratto immagino possa essere una scoperta. Ma il mio obiettivo non è quello di raccontarmi attraverso la narrazione delle azioni, ma attraverso le parole giuste che prendono forma dall’incontro di altre storie. Ho sicuramente una visione romantica del mio lavoro.

Ci descriva questa visione…

Il critico d’arte e curatore non ha una propria ed esclusiva vita. Ne vive tante. Tante quanto sono gli artisti che incontra, al punto tale che una volta finita quell’esperienza ci si sente un po’ svuotati per una “relazione” terminata, ma sicuramente più maturi e pronti per iniziarne una nuova. Questo un po’ è il punto di vista che non perdo mai. Mi piace mettermi in gioco, ma soprattutto condividere delle idee, farle crescere insieme agli artisti e condividere con loro il tragitto. È la bellezza del mio lavoro, ogni giorno è diverso da quello precedente. Anche perché, ed è un mio limite, mi annoio facilmente…

Come supera questa noia…con la scrittura?

Non scrivo tanto per scrivere. Ci sono momenti in cui annoiarsi fa anche bene, perché prepara meglio all’incontro con la scrittura. Anche i tempi della scrittura del libro per esempio, non sono stati semplici. Ragiono su questo progetto editoriale che mi è stato proposto da oltre 15 mesi, ma ho iniziato a scrivere solo da pochi giorni.

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Cosa significa per lei scrivere, e che importanza ha questo momento nella realizzazione di una mostra?

La scrittura del progetto della mostra, la realizzazione del saggio critico è fondamentale. È come olio necessario per sciogliere i nodi del pensiero e permettere all’artista di esprimersi al meglio e al critico e curatore di presentare un percorso espositivo di qualità che esalti i punti di forza di quella creatività che prende forma per mezzo dell’arte. Scrivere d’arte per me è come respirare. È fondamentale.

Questo lascerebbe supporre che lei abbia le idee molto chiare su quale sarà lo sviluppo del libro. Chi ne sarà il vero protagonista?

Protagonista sarà l’arte, che verrà spogliata però dalla frivolezza e dagli eccessi che per primi noi critici d’arte spesso utilizziamo. Sarà un racconto franco senza retorica, dove a farlo da padrone sarà questo Sud artistico, con qualche necessaria ed importante incursione ad altre latitudini, fra le tante facce ed esperienze che ho vissuto. La mia terra naturalmente sarà la protagonista principale con tutte le sue contraddizioni e la bellezza che si porta nelle storie di tanti artisti ma anche di colleghi critici d’arte e curatori che lavorano in Calabria, decisi a restare ma anche ad andar via.

È difficile lavorare in Calabria?

Accanto al nome Calabria la parola ‘lavoro’ fa fatica a convivere in diversi settori, figuriamoci quindi nel settore artistico e culturale. Però la Calabria ha tante storie di talento che sono riuscite a ritagliarsi uno spazio importante qui a casa ma anche fuori. Io ho deciso di restare, seppure il mio lavoro sia abbastanza nomade e chi mi conosce sa bene che non sono incollato a nessuna poltrona, mi piace mettermi in gioco, sperimentare e provare a restituire alla mia terra un pizzico del mio impegno e delle mie idee per contribuire a farla diventare una terra migliore. Tutto questo grazie ai tanti artisti che decidono di scommettere e di creare, di raccontare ed emozionare attraverso l’arte. Per ritornare alla sua domanda, certo, in Calabria non è mai facile nulla, ma la sfida diventa più avvincente specialmente se ti circondi delle energie migliori. Ho fatto mia una parola d’ordine che condivido con gli artisti e con chi tutti i giorni nella mia terra si impegna, ed è fare rete, ossia essere custodi di conoscenza ma anche condividerla, trasmetterla. É questo il compito del critico d’arte e curatore contemporaneo.

Una contemporaneità 2.0 sempre al passo con i tempi…

Il 2.0 è già superato, ormai bisogna vivere questo lavoro con una visione 4.0, perché il mondo dell’arte e della cultura nel nostro paese è una grande industria nonostante le tante problematiche di cui accennavamo prima. L’Italia ha una grande capacità creativa che ci invidiano nel mondo; sembra una frase fatta sentita da sempre, ma è realmente così. Ecco perché vivo il mio lavoro con questa prospettiva. E nel libro spero di riuscire a raccontare questo processo di modificazione di una figura professionale che si è evoluta molto. Perché la cosa difficile è essere un critico d’arte e curatore, non fare il critico d’arte e curatore, e questo aspetto sarà raccontato nel libro.

Ha già pensato se e a chi dedicare il suo libro?

Si, alle persone giuste ed oneste che credono nell’arte e nella cultura. Al nostro Sud ricco di talenti che restano e anche a quelli che vanno via. In questi giorni ne ho incontrati diversi, nuove storie, belle storie di “ordinaria cultura”, come per esempio nella serata del Premio Elmo a Rizziconi, in Calabria. Ho incontrato le storie di Giusy Loschiavo, Walter Cordopatri, Domenico Naso, Zito Elania, Calì, Gianmarco Pulimeni e tanti altri. Storie di uomi e donne impegnati ma capaci di sorridere sempre. Incontri che ti permettono di riflettere ancora meglio, di condividere passione. Sono bei momenti in cui ti senti a casa perché con tutti condividi una semplice cosa: quello sguardo, quella luce degli occhi che significa crederci.

Se nel libro dovesse dare una definizione sintetica di Roberto Sottile, cosa scriverebbe?

Sono ambizioso e determinato con la consapevolezza che essere ambiziosi non significa sgomitare ed essere scorretti. Semplicemente si deve correre e non farsi trovare mai impreparati. Aggiungerei poi – sebbene non sia farina del mio sacco, però mi piace molto perché me la sento addosso tutta – l’espressione che qualcuno ha già usato per descrivermi, che è quella di “sognante”, ma aggiungo con i piedi ben piantati a terra.


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