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IL CRITICO D'ARTE ROBERTO SOTTILE SI RACCONTA...


INTERVISTA PUBBLICATA SUL SITO CDN CALABRIA DIRETTA NEWS

Un 2018 ricco di importanti appuntamenti culturali realizzati nella città di Rende, in giro per la Calabria e anche fuori regione. Il critico d’arte Roberto Sottile si racconta tra passato, presente e futuro. Tra ironia, sogni e riflessioni importanti.

Il 2018 è agli sgoccioli, tempo di bilanci e giudizi. Che anno è stato?

Un 2018 impegnativo ricco di importanti appuntamenti culturali. Un anno in cui ho avuto il piacere di sperimentare molto, e di proporre progetti che hanno riscosso successo di critica e di pubblico. Un 2018 che mi ha dato la possibilità non solo di lavorare nella mia terra e nella mia città, ma anche di confrontarmi con altre realtà e ciò è importantissimo per chi vuole fare questo lavoro.

Tra gli appuntamenti di questo 2018 i tuoi dieci anni di attività…

Ci sono momenti in cui questi 10 anni sembrano 5 giorni e altri 50 anni, ma nonostante tutto penso di essere arrivato al traguardo dei dieci anni di attività e carriera con la stessa determinazione ed entusiasmo degli esordi. Certo, un po’ meno disincantato, ma a 36 anni è normale, si osserva e si vive la vita con diverse prospettive. Faccio un lavoro non facile, ma che mi da la possibilità a differenza di tanti altri lavori di poter continuare ad essere creativo. Il “sogno” un punto di vista diverso delle cose mi accompagna sempre e tutto ciò diventa sempre eccitante educativo e divertente.

Della tua vita privata si conosce poco, se non ciò che ogni tanto viene fuori attraverso post e foto che pubblichi sui social. Ma chi è l’uomo Roberto Sottile e che rapporti ha con il critico e curatore?

Un rapporto di odio e amore. Il critico d’arte è irriverente, sicuro di se, provocatore, determinato, uno che sa il fatto suo e che ha imparato a non farsi mettere i piedi in testa. Mentre Roberto è un ostinato sognatore, un ragazzo silenzioso che dopo tante cadute ha imparato ad indossare un bellissimo e colorato paracadute. Ma sia il critico d’arte che Roberto hanno una cosa in comune. Quella di riuscire sempre ad imparare e a cogliere da chi gli sta attorno, sempre il senso più profondo delle cose. Sono stato fortunato in questo. Fin da bambino ho avuto durante la mia formazione incontri determinanti che mi hanno reso l’uomo che sono oggi.

Facciamo qualche nome…

Suor Matilde per esempio era una delle suore della mia scuola dell’infanzia. Non so dove sia ora, che fine abbia fatto. La ricordo a bordo di una vespa. Ho solo questa immagine di lei e da questa immagine ho tratto tutta la forza di poter essere come voglio dove voglio e con chi voglio. Perché aldilà di come ci presentiamo restiamo tutti uomini e donne. E poi ancora La maestra Angela delle elementari a lei devo la passione per la lettura, per la storia. Una maestra all’antica come si direbbe oggi ma con una dolcezza sospesa che riaffiora oggi nei miei ricordi. La Prof. delle superiori Francesca Florio. Ero destinato a diventare un ingegnere elettrotecnico, forse meccanico, la mia Prof. riuscì a strapparmi alla matematica e alle formule, consegnandomi al piacere della letteratura, della poesia, della Divina Commedia e della storia. Alla calcolatrice ho preferito carta penna e fantasia. E poi ancora Rita Borioni la mia Prof all’università. Rita mi ha aperto un mondo. L’arte è tante cose. Fare cultura incide alla crescita della nostra società sotto diversi e fondamentali aspetti. Non è solo tempo libero e sola passione. E poi lei era una Prof. controcorrente con una visione diversa e con una preparazione che mi affascinava e continua ancora oggi a farlo. Ho coniato l’espressione “borioniano” era il 2003, ancora oggi sono fiero ed orgoglioso di esserlo.

2018 significa anche impegno nella tua città: Rende…

Ogni mese di questo 2018 è stato ricco di appuntamenti realizzati con un grande lavoro di squadra. Le tante mostre, da Zofia Lipecka a Geni Comuni, Massimo Melicchio, Stefania Sammarro, Francesco Speciale, Diego Minuti, solo per citarne alcune, ai tanti appuntamenti culturali dal Festival delle Culture intrecciate, ai diversi appuntamenti regionali e nazionali, dalla notte dei musei alla giornata regionale dedicata al patrimonio culturale, alla notte dei ricercatori, e poi ancora presentazioni di libri, progetti importanti come ColoraRende che ha riconsegnato grazie ai murales realizzati dagli studenti delle nostre scuole spazi che sono stati recuperati. E poi ancora la nuova sezione demo Antropologica riallestita al Museo Civico di Rende, la donazione De Angelis, una collezione importantissima con opere di autori che hanno fatto la storia dell’arte che presenteremo a breve, e poi ancora il cinema con diversi appuntamenti. In poche parole un lavoro enorme, non ci siamo fatti mancare nulla, sotto gli occhi di tutti, portato avanti dall’Assessorato alla cultura della città di Rende diretto dalla Prof.ssa Marta Petrusewicz con la quale mi onoro di collaborare. In poco più di 12 mesi di lavoro la città di Rende ha viaggiato direi a tutta cultura. Una cultura “esclusiva” capace cioè di produrre ed ospitare importanti ed unici appuntamenti, ma anche una cultura “inclusiva” vista la vastità dei suoi partecipanti. Poiché fare cultura, come spesso ripeto, significa non solo pensare al tempo libero ma significa pensare alla crescita di una comunità. Perché una comunità colta è una comunità libera. Mi confronto spesso su questa idea con l’Assessora Petrusewicz e con il Sindaco l’Avv. Marcello Manna e condivido in pieno gli obiettivi che abbiamo raggiunto e che abbiamo in programma, perché il 2019 sarà un anno importante per le idee che abbiamo costruito e che stanno prendendo forma. A Rende la cultura è più viva che mai e lo dimostra il tessuto sociale della nostra città. Un città culturalmente dinamica con tante idee che stiamo cercando di realizzare con la collaborazione di tutti. E sono certo che ci riusciremo. Ne abbiamo tutte le capacità.

Perché pensi che fare cultura sia difficile?

Ne sono convinto. Perché siamo portati nella ideale scala delle nostre priorità a considerare la cultura “tempo libero” momento ricreativo. La cultura sia chiaro è anche tempo libero. Ma non è solo questo. Bisogna acquisire questa consapevolezza. Fare cultura significa vivere meglio il presente e guardare al futuro con più giudizio. Lavoro con questa idea. Ogni progetto artistico che curo deve riuscire a determinare nelle persone coinvolte non solo una godibilità estetica ma delle domande capaci di renderci migliori. L’arte appartiene alla creatività dell’uomo, appartiene solo a noi questa capacità e siamo chiamati a custodirla a sostenerla.

2018 nel tuo percorso professionale significa anche la mostra di Giuseppe Lo Schiavo che hai curato al Museo Marca di Catanzaro, la curatela della mostra di Samuel Di Blasi a Spoleto, e ArteGenova 2018 con l’artista Carlo Piterà.

Tre appuntamenti importanti e cosi diversi l’uno dall’altro. Il progetto con Giuseppe Lo Schiavo ha visto la luce dopo oltre 12 mesi di lavoro, “Gènesis”, questo il titolo della mostra, ha indagato sul rapporto uomo natura attraverso la fotografia di Giuseppe che reputo un talento assoluto con il quale ho il piacere spesso di lavorare e di confrontarmi. La mostra è stata complessa perché complesso è stato anche il percorso della sua realizzazione, perché le idee erano tante e il confronto con Giuseppe è stato importante, oserei dire semplice nella sua complessità, perché fin da subito siamo riusciti ad entrare in sintonia perfetta, a capirci ad aiutarci l’un l’altro e raggiungere gli obiettivi. Sono orgogliosissimo di questo lavoro che senza voler togliere nulla a nessuna delle mostre che ho curato fino ad oggi, ha segnato in positivo il mio percorso professionale perché mi ha insegnato ancora più “metodo”, perché ho avuto la possibilità di un confronto ancora più incisivo e la possibilità di sperimentare molto. Esperienza diversa ma importante invece la mostra di Samuel Di Blasi a Spoleto presso la ADD-Art Galleria d’Arte Contemporanea. Per prima cosa fondamentale come esperienza il confronto con i galleristi e direttori artistici Alessia Vergani e Lorenzo Rossi. Il lavoro che stanno realizzando a Spoleto significa qualità e professionalità e sono molto contento di aver legato il mio nome a questa esperienza. Auguro a tutti i curatori di trovare persone come Alessia e Lorenzo. E poi il lavoro presentato da Samuel è stato eccezionale. Studiato e pensato, capace di adattarsi ad uno spazio espositivo complesso, e per questo ancora più affascinante. La ricerca di Samuel non è una ricerca semplice, la sua scultura vive in una dimensione nuova dove l’evoluzione dell’idea “macro” convive e sussiste anche nel “micro” con una forza ed una capacità di comunicazione unica nel suo genere. La scultura di Samuel Di Blasi supera l’idea stessa di spazio per creare una nuova idea di spazio e di racconto artistico. Per me è stato un privilegio poter costruire il racconto di questa mostra perché ho avuto la possibilità di confrontarmi non solo con una realtà nuova come quella di Spoleto, ma anche con un artista che non conoscevo bene prima di questo progetto, che grazie a questo progetto ho imparato a conoscere e capire ancora meglio. E poi questo 2018 si è concluso con ArteGenova con Carlo Piterà, il racconto di questa Savana urbana dove l’uomo si è estinto e gli animali “domati” dall’uomo riconquistano quegli spazi urbani che l’uomo aveva sottratto alla natura mutandone l’aspetto e lo spazio. Una mostra importante che ha riscosso un successo strepitoso.

Che rapporto hai con gli artisti con i quali lavori?

Dicono che sono divertente. Penso sia un complimento. Riesco ad essere professionale, perché conosco bene il mio ruolo ed il mio lavoro e ho rispetto per il ruolo dell’artista perché apprezzo la creatività che ci regalano e che condividono con tutti quanti. Ma sono anche autoritario. Sono un curatore e critico d’arte presente. Amo il mio lavoro, non saprei fare altro!

Passato, Presente, Futuro. Tre parole importanti per il tuo lavoro.

Il mio passato mi appartiene non si può fortunatamente cancellare. È fatto di tanti momenti difficili ma anche di soddisfazioni che ho condiviso con chi mi ha sostenuto e voluto bene. Il mio presente è così veloce che mi rendo conto di ciò che è successo appena diventa passato e resto impressionato da quanta strada ho percorso in dieci anni a soli 36 anni. La cosa che mi piace di più è osservare che su questa strada sono visibili non solo le mie impronte ma anche di tante altre persone, tanti amici, collaboratori, che hanno camminato e continuano a camminare con me. Il futuro non mi spaventa. Sono un critico d’arte ottimista a cui piacciono le sfide.

Perché le foto con le mani davanti al volto?

Ho sempre pensato che il compito del curatore e del critico d’arte fosse quella, che attraverso le sue parole e il suo lavoro, il visitatore potesse leggere e guardare la mostra con occhi diversi. Non solo gli occhi dell’artista e del curatore, ma con gli “occhi” diversi in senso metaforico, cioè osservare con gli occhi della sensibilità. Per questo motivo questo mio semplice gesto timidamente performativo, rappresenta la chiave di lettura, il senso più profondo del mio lavoro e della mia presenza. Le mie parole il mio lavoro potranno anche restare sospesi, ma la fantasia e la creatività diventa concreta. Diventa ragione che condivido non solo con l’artista ma anche con tutti quanti hanno la voglia di interagire. Mi corpo gli occhi per permettermi di guardarmi senza aver paura del mondo.

Cosa ti auguri per il 2019?

Di continuare ad avere la stessa curiosità, di essere circondato da anime sensibili e di riuscire a coglierne il senso più profondo. Non voglio essere un esempio a tutti i costi, ma a tutti i costi voglio restare quello che sono senza rinunciare a me stesso, alle cose e alle persone che ho imparato ad amare.

Ant. Ser.


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