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STEFANO BONAZZI - pentagrammi di cieli bianchi


- testo pubblicato sul sito fotobiettivo.it storie #03 -

Potremmo iniziare così: signori e signore benvenuti nel fantastico mondo di Stefano Bonazzi. Un mondo fantastico perché irreale, capace però di condividere energie, sfoggiare stati d’animo difficili da spiegare. Luogo immaginario, popolato da piaceri colpevoli, che diventa palcoscenico dove incontrare e sedurre la realtà. Vite stravaganti di eroi contemporanei alla ricerca di un altro giorno. Malinconiche poesie che diventano immagini, perché spesso è l’attesa di un cambiamento (reale o apparente) il sentimento che pervade.

Segni impazienti di chi è alla ricerca di un alibi perfetto. Nuova conquista che diventa negazione. Incertezza che vive in quelle storie che Stefano ci racconta. THE WHITE SKY. Il cielo bianco. Specchio di un’esistenza sospesa. Di uomini e donne che si ritrovano incapaci di scegliere e per questo si abbandonano al caso, a quell’incoscienza (meditata) di vivere con e per il “Nulla”. Una costruzione dell’immagine efficace. Di forte impatto visivo. Una composizione digitale stampata su carta fotografica, realizzata attingendo ad un vasto archivio di immagini fotografiche che diventano quell'humus artistico capace di catturare, di diventare quel battito emotivo che compone e crea quell’attesa. Via tutti gli schemi a favore di una libertà che l’artista non si nega e non contesta allo spettatore. Attraverso i suoi cieli bianchi compra e vende storie di atroce indifferenza, di anime condannate all’oblio perché messe in attesa dalla vita. Cadono tutti i confini. Si azzerano le possibilità. Si annullano tutte le distanze, tutto diventa così vicino. Sono personaggi malati terminali, assediati da controindicazioni. Privati di quella coscienza. Truccati da contemporanei clown e giocolieri, adagiati nei cieli bianchi di Stefano Bonazzi. Cieli che diventano pagine smacchiate da dubbi e finzioni, poiché quel fantastico mondo, frutto della genialità dell’artista diventa, improvvisamente, ad un attento osservatore, irriverente specchio di una realtà che ci spaventa, perché non così tanto lontana dalla nostra (stanca e disordinata?) quotidianità. L’artista isola queste tangibili sensazioni restituendoci un’immagine fotografica esteticamente ricolma di intuizioni, ma in continuo dialogo con la quiete di un paesaggio, con la pacatezza di un cielo-testimone, che vorrebbe tramutarsi in azzurro ma non vi riesce. Immagini sospese, adagiate, che entrano in contatto con i luoghi di questa storia. THE WITHE SKY di Stefano Bonazzi diviene un percorso così intimo, così sublime da confondersi percettivamente con una storia costruita non per immagini ma attraverso la musica. Ogni storia è costruita con meticolosa attenzione. Tutto si rinnega visivamente per poi incontrarsi emotivamente come un pentagramma nelle mani di chi non conosce l’ordine visivo della musica ma ne avverte le vibrazioni e ne vive la fantasia che esso produce. Suoni che diventano immagini. Ritratti di una società rumorosa che ha smarrito l’equilibrio e il piacere di quella consonanza di emozioni. Di entusiasmi. Di passioni. Stefano Bonazzi cattura nel suo progetto queste sensazioni visive per poi trasformarle ed elaborarle, divenendo così, attraverso la manipolazione digitale, un attento evoluzionista dell’immagine capace di far rinascere nelle sue rappresentazioni rimpianti e paure, riuscendo a collocarle fuori dal tempo del sogno e della realtà. L’artista genera cosi una nuova dimensione onirica, uno spazio senza fine, popolato dalle sue maschere. Un mondo ostile, concepito dai suoi sospetti e abitato dai suoi indecisi in balia del destino. Immagini surreali che scardinano attraverso la loro genuinità artistica le regole di un mondo alla ricerca di quel finale perfetto: “tutti felici e contenti”. Un finale già frantumato da un viaggio emotivo che Stefano ci fa percorrere, che diventa pretesto per raccontare una storia diversa ricca di contrasti. Alla continua ricerca della giusta interpretazione. Di questo finale possiamo prendere tutto quello che ci serve per riuscire (almeno ci si prova) a comprenderlo e tramandarlo. Ma non ci è dato sapere come “vissero” dopo aver incrociato il nostro cielo (azzurro?) con i pentagrammi di cielo bianco.

Roberto Sottile

Critico d'Arte


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