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ELDA LONGO ITALY, SOMEWHERE... SOMEONE...


EN PLEIN AIR, LA NUIT.

Pittura en plein air, ovvero pittura all’aperto capace di tendere e raggiungere lo spettacolo della realtà. Il principio base della pittura degli Impressionisti era quello di afferrare in quell’istante la verità delle cose grazie alla piacevolezza della combinazione tra luce e materia, tra realtà e percezione. D'altronde, il 15 aprile 1874 Gaspard Félix Tournachon, conosciuto come Nadar, famoso fotografo, aprì le porte al primo piano, di un edificio, al n. 35 del Boulevard des Capucines ad una mostra realizzata e pensata da artisti come De Nittis, Pissarro, Renoir, Cezanne, Degas, Monet, Sisley. Difatti, la fotografia costituisce un principio basilare per la pittura impressionista, poiché “l’istante” fissato rappresenta un “frame” di tanti momenti di una realtà in continuo movimento. Il linguaggio artistico presentato da Elda Longo vive in pieno questa nuova esperienza en plein air di una ricerca dell’istante in dialogo con il tempo della memoria. Non è più un’impressione a levar del sole, ma il fondersi e il congiungersi di idiomi artistici diversi, capaci di allacciare concettualmente quell’esperienza che l’artista supera attraverso l’intesa tra scatto fotografico e creazione dell’immagine. Tecnica e disegno, forma e immagine sono le quattro regole a cui l’artista non può sottrarsi per dar vita a quella realtà che come un flashback si manifesta questa volta nei luoghi d’Italia scomposti e riedificati attraverso un nuovo ordine, dominato apparentemente dal caos. Ciò che viene alla luce è una nuova creazione capace di raccontare “l’attimo” di quella genesi dell’immagine che viene frantumata, spezzata per diventare concetto, idea, astrazione. Questa nuova codificazione della forma, domata da una tecnica di realizzazione attenta ed equilibrata, diventa laboratorio di una moderna epifania dell’immagine; dove gli spazi delle architetture dialogano con la presenza dell’uomo che viene imprigionato nei pixel che mescolano ed amalgamano la notte del mondo con lo scintillio di luci elettriche delle notti della città. La notte che ci viene raccontata si popola di voci, si compone di forme e di colori che vengono sgretolati per diventare inaccessibili, quasi ermetici. A questo vigore della forma risultato del pensiero artistico, Elda Longo congiunge un percorso del tutto particolare: l’elaborazione digitale, che diventa mezzo e non più strumento, capace di plasmare e foggiare lo spazio rinvigorendolo in una nuova rappresentazione. Elda Longo realizza così una traduzione della forma, che, sebbene espressione ed impressione di un attimo reale riesce a restituirci quell’intimità e quella riflessione sottratta dalla luce del flash e dalla sensibilità stessa dell’artista di cogliere il momento dell’attesa, l’attimo della stasi, lo scorrere dei tempi della città dell’uomo. Ogni luogo diventa così palcoscenico dove all’artista tocca il compito più gravoso: la regia di quel racconto scandito in modo quasi ossessivo tramite il tassello musivo che trasforma, elabora lo scatto fotografico in una nuova rappresentazione distrutta dalla tecnica e ricostruita dalla creatività. Elda Longo porta in scena i luoghi della nostra quotidianità, quelle strade che abbiamo percorso, quei marciapiedi che abbiamo consumato, quelle piazze che ci hanno abbracciato, porte e finestre che hanno custodito la nostra storia, la nostra identità, che hanno liberato i sogni, pensieri, a tutti è dato modo di ritrovarsi in quei luoghi, poiché a tutti è concessa la magia della memoria, la poesia del viaggio.

Roberto Sottile

Critico d'Arte

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